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LOCRI EPIZEFIRI



Salvatore La Rosa
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TIMEO

Non conosciamo nulla di certo relativamente alla vita del filosofo Timeo, e le scarse informazioni che possediamo le possiamo solo desumere dai testi nei quali il filosofo viene citato. Probabilmente visse nel IV sec. a.C. e morì in tarda età dopo aver a lungo rivestito importanti incarichi di governo nella polis di Locri Epizefiri. Si suppone, inoltre, che sia stato autore di molte opere di scienza e filosofia; testi, purtroppo, andati tutti perduti nel corso dei secoli.

Fa eccezione una teoria, elaborata dal filosofo, che ci è stata tramandata dalla tradizione storica in un'opera pseudoepigrafica intitolata "Περὶ φύσιος κόσμω καὶ ψυχᾶς" ("Sulla natura del mondo e sull'anima"); opera che non è altro che un riassunto di quanto sostenuto dallo stesso Timeo nel dialogo a lui dedicato da Platone ed intitolato, appunto, "Τίμαιος" ("Timeo").

Dialogo nel quale Socrate, riferendosi al filosofo locrese, afferma:

Τίμαιός τε γὰρ ὅδε, εὐνομωτάτης ὢν πόλεως τῆς
ἐν Ἰταλίᾳ Λοκρίδος, οὐσίᾳ καὶ γένει οὐδενὸς ὕστερος
ὢν τῶν ἐκεῖ, τὰς μεγίστας μὲν ἀρχάς τε καὶ τιμὰς
τῶν ἐν τῇ πόλει μετακεχείρισται, φιλοσοφίας
δ' αὖ κατ' ἐμὴν δόξαν ἐπ' ἄκρον ἁπάσης ἐλήλυθεν·

"Il nostro Timeo, nato a Locri, in Italia,
città ordinata con ottime leggi, dove non è secondo a nessuno
per ricchezza e nobiltà ed ove ha tenuto le più alte cariche della
magistratura ed ha raggiunto, secondo il mio giudizio,
il più alto onore di tutta la filosofia"

(Platone, Timeo, II)

Anche il sommo poeta Dante cita Timeo, proprio per le sue teorie sull'anima, nel canto IV del Paradiso:

"Quel che Timeo dell'anime argomenta
non è simile a ciò che qua si vede
però che, come si dice, par che senta".

(Dante Alighieri, Divina Commedia - Paradiso, canto IV, 49-51)

Si ritiene, inoltre, che con Timeo a Locri si sviluppò una fiorente scuola filosofica dalla quale uscirono valenti filosofi, legislatori ed anche medici, e tra questi ultimi la tradizione ricorda in particolare Filistione.


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EUTIMO

Eutimo è il primo di una lunga serie di atleti locresi (tra i quali Agesidamo, del quale si parla più avanti, Euthycles e Keton, dei quali però si possiedono poche notizie) che per lungo periodo primeggiarono ai giochi olimpici.

Eutimo, figlio di Asticle, vinse i giochi olimpici per ben tre volte nella specialità del pugilato, la prima volta nel 484 a.C.; godette di straordinaria fama non solo in patria ed il suo indubbio valore venne riconosciuto da molti autori antichi tra i quali Eliano, Plinio, Pausania e Strabone; di quest'ultimo, in particolare, riproponiamo qui le parole che ricordano la leggenda secondo la quale Eutimo sconfisse il mostro di Temesa liberandola dal tributo annuale di una fanciulla scelta tra le più belle che la città doveva pagare al mostro per evitarne l'ira:

Λοκρῶν δὲ τῶν Ἐπιζεφυρίων ἑλόντων τὴν πόλιν,
Εὔθυμον μυθεύουσι τὸν πύκτην καταβάντα ἐπ' αὐτὸν
κρατῆσαι τῇ μάκῃ, καί βιὰσασθαι παραλῦσαι
τοῦ δασμοῦ τοὺς ἐπιχωρίους.

(Raccontano poi che), quando i Locresi Epizefiri presero la città,
il pugile Eutimo scese presso il mostro, lo vinse in duello
e lo costrinse a liberare gli abitanti dal tributo.

(Strabone, Geografia VI, 5)

Indipendentemente da quelle che furono poi le leggende che si svilupparono intorno al suo nome, la fama ed il valore del pugile sono confermate dalla tradizione che ci tramanda che alla sua morte, avvenuta in circostanze tragiche, venne pianto non solo a Locri ma in tutto il mondo greco.


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AGESIDAMO

Come Eutimo, anche Agesidamo, figlio di Archèstrato, deve la sua fama al trionfo nei giochi di Olimpia (nel 476 a.C.) nella specialità del pugilato. A differenza di Eutimo, però, le sue imprese ci sono state tramandate attraverso Pindaro, il quale dedicò ad Agesidamo ben due delle sue odi Olimpiche, delle quali ecco alcuni frammenti:

Τὸν Ὀλυμπιονίκαν ἀνάγνωτέ μοι
Ἀρχεστράτου παῖδα, πόθι φρενὸς
ἐμᾶς γέγραπται· γλυκὺ γὰρ αὐτῷ
μέλος ὀφείλων ἐπιλέλαθ'·

Leggete nella mia memoria dov'è scritto il nome
del figlio di Archèstrato, vincitore ad Olimpia,
perché gli sono debitore di un dolce canto
che mi è sfuggito.

(Pindaro, Olimpiche X, 1-4)

Νέμει γὰρ Ἀτρέκεια πόλιν
Λοκρῶν Ζεφυρίων,
μέλει τέ σφισι Καλλιόπα καὶ χάλκεος Ἄρης.
Τράπε δὲ Κύκνεια μάχα καὶ ὑπερβιον
Ἡρακλέα· πύκτας δ' ἐν Ὀλυμπιάδι νικῶν
Ἴλᾳ φερέτω χάριν Ἁγησίδαμος, ὡς Ἀχιλεῖ Πάτροκλος.

La più alta Giustizia
governa Locri Epizefiri,
e vi si onorano Calliope ed il bronzeo Marte.
Anche lo scontro con Cicno la suprema forza di Eracle vinse:
E Agesidamo, vittorioso ad Olimpia
nel pugilato, abbia gratitudine
per Ila, come Patroclo per Achille.

(Pindaro, Olimpiche X, 17-23)

[...] Τὶν δ' αδυεπής τε λύρα
γλυκύς τ' αὐλὸς ἀναπάσσει χάριν·
τρέφοντι δ' εὐρὺ κλέος
κόραι Πιερίδες Διός.
Ἐγὼ δὲ συνεφαπτόμενος σπουδᾷ, κλυτὸν ἔθνος
Λοκρῶν ἀμφέπεσον μέλιτι
εὐάνορα πόλιν καταβρέχων·
παῖδ' ἐρατὸν [δ'] Ἀρχεστράτου
αἴνησα, τὸν εἶδον κρατέοντα χερὸς ἀλκᾷ
βομὸν παρ' Ὀλύμπιον,
κεῖνον κατὰ χρόνον
ἰδέᾳ τε καλὸν
ὥρᾳ τε κεκραμένον, ἅ ποτε
ἀναιδέα Γανυμήδει μόρον ἄλαλκε σὺν Κυπρογενεῖ.

(O Agesidamo) su di te la lira dal bel suono
ed il dolce flauto spargono grazia
e vasta gloria nutrono le Pieridi, figlie di Zeus.
Anch'io insieme ad esse con solerzia
venni alla gloriosa stirpe di Locri
recando miele alla città dei forti,
ed ho lodato l'amabile figlio di Archèstrato
che vidi in quel giorno vittorioso e valoroso
presso l'altare di Olimpia
bello ed immerso in quella giovinezza
che un tempo, grazie alla Ciprigna,
da Ganimede la spietata morte allontanò.

(Pindaro, Olimpiche X, 113-125)

[...] Ὅμως ὧν, ἴσθι νῦν, Ἀρχεστράτου
παῖ, τεᾶς, Ἁγησίδαμε, πυγμαχίας ἕνεκεν
κόσμον ἐπὶ στεφάνῳ χρυσέας ἐλαίας
ἁδυμελῆ κελαδήσω.
Ζεφυρίων. Λοκρῶν γενεὰν ἀλέγων.
Ἔνθα συγκωμάξατ'· ἐγγυάσομαι
ὔμμιν, ὦ Μοῖσαι φυγόξενον στρατὸν
μηδ' ἀπείρατον καλῶν,
ἀκρόσοφον δὲ καὶ αἰχματὰν ἀφίξεσθαι.

Ora sappi Agesidamo, figlio di Archèstrato,
che io, per la tua vittoria nel pugilato,
canterò, sulla corona dell'aureo olivo,
una dolce ode (che sarà) ornata
dall'esaltazione della stirpe di Locri Epizefiri.
Recatevi (tutti) laggiù!
Ed alle Muse assicuro
che non incontreranno là
un popolo inospitale o inesperto di arti,
ma fiero in battaglia e sapiente.

(Pindaro, Olimpiche XI, 10-19)

E grazie alle odi scritte da Pindaro (dalle quali questi frammenti sono tratti), il nome e le imprese di Agesidamo sono giunte sino ai nostri giorni.


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SENOCRITO

Poche e frammentarie sono le informazioni che possediamo di Senocrito, musico e poeta lirico dell'antica Locri che visse, probabilmente, nella seconda metà del VII sec. a.C.; la sua arte viene esaltata nel De Musica, dove viene posto tra i più grandi musici dell'antica Grecia e considerato uno dei principali rappresentanti (insieme ad artisti quali Taleta di Creta) della scuola musicale di Sparta, la più fiorente dell'antichità (Pseudo-Plutarco, De Musica 9-10, 1134b-e).

Ritornato a Locri, Senocrito diede vita ad una scuola musicale e poetica (alla quale parteciparono personaggi quali la poetessa Teano, Erasippo e Mnasea) nella quale introdusse le novità spartane, ed in particolar modo, quelle relative all'introduzione di elementi dionisiaci nei canti corali.

Tale scuola dovette avere grande successo e fece di Locri Epizefiri uno dei centri principali dell'antichità per quanto concerneva l'arte della musica e del canto e di Senocrito uno dei più apprezzati musici della sua epoca; infatti Callimaco (Frammenti Incerti, 161 [541] ), riferendosi a Senocrito, lo ricorda come colui:

Ὃς Ἰταλὴν ἐφράσαθ' ἁρμονίην.

"il quale fu l'inventore dell'armonia italica"

E Pindaro, addirittura, mostrava per lui una straordinaria ammirazione, professandosi suo imitatore e seguace, come appare da questo frammento (del quale questa è la parte più leggibile, tratta da uno dei papiri di Ossirinco (Fr. 140b Snell-Maehler):

[...] Ἐγὼ μ[ὰν κλύων]
παῦρα μελ[ι]ζομέν[ου, τέχναν]
[γλώ]σσαργον ἀμφέπων
[ἐρεθίζ]ομαι πρὸς ἀοιδάν
[ἁλίο]υ δελφῖνος ὑπ[όχρισιν],
τὸν ἀκύμονος ἐν πόντου πελάγει
αὐλῶν ἐκινησ' ἐρατὸν μέλος.

[...] Ed io udendo
poco della soave melodia
fui spinto al canto, alla risposta,
come il delfino, quando si agita
al dolcissimo suono dei flauti
nell'immensità del grande mare.

(Pindaro, Frammenti Incerti, dai papiri di Ossirinco Fr. 140b Snell-Maehler)

Nella parte meno leggibile, Pindaro accenna che tale canto e tale soave melodia erano dovute "ad uno di Locri, fiorente città presso lo Zefirio nell'estrema Ausonia".


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EUNOMO

Tra i personaggi famosi che Locri ebbe nell'antichità vi fu anche un citarista, Eunomo, il quale godette di molta fama.

Ed a Locri faceva all'epoca bella mostra di sé proprio una statua che ritraeva Eunomo con in mano la sua cetra sulla quale era posata una cicala. Di questa statua fa menzione Strabone il quale, citando come fonte Timeo, ci spiega anche il motivo della presenza della cicala sulla cetra della statua di Eunomo:

[...] ἐδείκνυτο δ' ἀνδριὰς ἐν Λοκροῖς Εὐνόμου τοῦ κιθαρῳδοῦ τέττιγα ἐπὶ τὴν κιθάραν καθήμενον ἔχων. φησὶ δὲ Τίμαιος Πυθίοις ποτὲ ἀγωνιζομένους τοῦτόν τε καὶ Ἀρίστωνα Ῥηγῖνον ἐρίσαι περὶ τοῦ κλήρου· [...] ὅμως εὐδοκιμεῖν μηδὲν ἧττον τὸν Ἀρίστωνα καὶ ἐν ἐλπίδι τὴν νίκην ἔχειν, νικῆσαι μέντοι τὸν Εὔνομον καὶ ἀναθεῖναι τὴν λεχθεῖσαν εἰκόνα ἐν τῇ πατρίδι, ἐπειδὴ κατὰ τὸν ἀγῶνα μιᾶς τῶν χορδῶν ῥαγείσης ἐπιστὰς τέττιξ ἐκπληρώσειε τὸν φθόγγον.

[…] Un tempo si mostrava a Locri la statua del citarista Eunomo con una cicala posata sopra la cetra. Racconta Timeo che una volta gareggiando durante i giochi Pitici il suddetto Eunomo e Aristone di Reggio si contesero in sorte (la vittoria). […] Tuttavia Aristone riscosse il favore del pubblico ed aveva speranza di vincere, ma finì che poi vinse Eunomo ed innalzò nella (sua) patria la statua di cui si è detto: infatti, essendoglisi rotta durante la gara una delle corde della cetra, una cicala venne a posarvisi e ne sostituì il suono.

(Strabone, Geografia VI, 9)

Ecco quindi il motivo per il quale nella statua dedicata ad Eunomo trovava posto una cicala posta sopra la cetra del citarista.


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TEANO

Se degli altri personaggi famosi dell'antica Locri abbiamo poche notizie, di Teano ne abbiamo ancora meno.

Teano fu poetessa lirica, probabilmente contemporanea di Stesicoro (seconda metà del VII sec. a.C.). La tradizione di lei ci ha tramandato pochissime notizie; allieva di Senocrito e della fiorente scuola musicale Locrese, compose liriche i cui argomenti principali, secondo gli studiosi, erano incentrati sulla narrazione e l'esaltazione delle caratteristiche e degli eventi della sua patria, della sua città.

Viene ricordata nella Suda tramite una brevissima nota che permette di distinguerla dalla Teano filosofa pitagorica:

Θεανώ, Λοκρίς, λυρική· ᾄσματα λυρικὰ ἢ Λοκρικὰ καὶ μέλε.

Teano di Locri, poetessa lirica; (compose) odi e canti lirici in stile Locrese.

(Suda, Adler: theta.85)

Questo è tutto ciò che sappiamo di Teano, e tutto quanto oggi possiamo fare in questa sede è, quantomeno, ricordarne il nome in quanto, purtroppo, nulla ci è stato tramandato della sua opera.


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