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LOCRI EPIZEFIRI



Salvatore La Rosa
WWW.LOCRIANTICA.IT Benvenuti in Magna Grecia REPERTI

IL TRONO LUDOVISI

Questa celebre scultura in marmo, di fattura magno-greca e risalente ad un periodo compreso tra il 480 a.C. ed il 450 a.C., è stata indicata da molti studiosi come proveniente dalle fabbriche artigiane della polis di Locri Epizefiri, soprattutto in base a considerazioni stilistiche derivanti dalle sorprendenti analogie con i celebri pinakes Locresi.

A ciò si aggiunse, negli anni '80, uno studio di Margherita Guarducci che, oltre a confermare l'origine Locrese del manufatto, ne ipotizzò la collocazione originaria.

Secondo la studiosa, infatti, esso proviene dal tempio di Afrodite (Tempio di contrada Marasà) dell'antica polis, all'interno del quale costituiva il parapetto del bothros; considerazione, questa, avvalorata dal fatto che le dimensioni della scultura combaciano al centimetro con i tre lastroni di pietra superstiti, del rivestimento del bothros, ancora visibili nell'area archeologica del Tempio di contrada Marasà.

Un'altra ipotesi, questa volta elaborata da Giorgio Gullini, propone come collocazione originaria uno dei lati brevi dell'altare del V sec. a.C. del Santuario di contrada Marasà. Anche in questo caso, come per l'ipotesi della Guarducci, le dimensioni del trono sono compatibili con quelle del manufatto presente all'interno dell'area archeologica.

Parte Frontale
PARTE FRONTALE

L'opera, nella sua decorazione a bassorilievo, raffigura sulla parte frontale Afrodite che nasce dalla spuma del mare (anche se qualche studioso vede in essa Persefone che risale sulla terra dal mondo degli inferi) e viene aiutata ad uscire dall'acqua da due ancelle, mentre sui lati sinistro e destro appaiono, rispettivamente, una suonatrice di flauto adagiata su un cuscino ed una donna coperta da un manto intenta a deporre l'incenso in un brucia-essenze.

Lato Sinistro
LATO SINISTRO

Lato Destro
LATO DESTRO

Il "Trono Ludovisi" venne quasi sicuramente trafugato già in epoca romana come bottino di guerra e, da allora, se ne persero le tracce. Venne riscoperto solo nel 1887 durante i lavori di urbanizzazione della Villa Ludovisi e, da quel momento, entrò a far parte della collezione privata messa insieme dal cardinale Ludovico Ludovisi nel XVII sec. e, all'epoca, ancora appartenente ai discendenti della sua famiglia. In seguito i Ludovisi si trovarono costretti a dover vendere l'intera collezione e, nel 1901, la scultura, insieme ad altre, venne acquistata dallo Stato Italiano.

Il Bothros del Tempio di Contrada Marasà
IL BOTHROS DEL TEMPIO DI CONTRADA MARASA'

Oggi la scultura è sotto la tutela del Museo Nazionale Romano ed è visitabile, a Roma, presso Palazzo Altemps, sede nella quale è stata trasferita l'intera collezione Ludovisi.

MITOLOGIA

Afrodite, secondo la tradizione Omerica, è la figlia di Zeus e di Dione (personaggio, quest'ultimo, non meglio identificato; era probabilmente una delle figlie di Urano e Gea o una delle ninfe oceanine, figlie di Oceano e Tethys).

Successivamente, però, la tradizione letteraria (ed artistico-religiosa) dell'antica Grecia ha soppiantato la leggenda Omerica con un nuovo mito che è, ancora oggi, quello più conosciuto.

In esso Afrodite nasce dalla spuma del mare (afros in greco significa "schiuma") generatasi intorno ai genitali di Urano, gettati in mare da Crono, il più giovane dei figli del dio del cielo, dopo averlo mutilato durante la rivolta dei titani.

La prima terra che la dea toccò fu quella di Cipro e, per questo motivo, uno dei suoi epiteti principali è quello di "Cyprogenia" (nata a Cipro); epiteto che spesso si affianca a quello di "Anadyomene" (emersa).

Il più antico significato del mito di Afrodite incarnava la meraviglia della natura che poteva essere ammirata grazie alla luce ed alla bellezza che il volto della dea emanavano. Ben presto a questo significato la cultura greca ne affiancò un altro, mutuato dalla dea Astarte, venerata in Fenicia, che incarnava l'ideale della forza dell'amore sensuale.

Di conseguenza, da allora in poi, Afrodite divenne la dea della bellezza e dell'amore ed il suo dominio si estendeva a tutta la natura (cielo, terra e mare) come testimoniato dagli appellativi di Afrodite Urania (dea dell'amore celeste), Afrodite Pandemo (protettrice degli amori terreni) e Afrodite Pontia (protettrice dei naviganti).

I romani ne perpetuarono il mito facendone confluire le caratteristiche nell'italica Venere.

     
     

 

 
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